Ore 18
Palazzo delle Poste, Sala Cultura
“Lo vedi quell’edificio sovietico cadente? Te lo immagini che bella che sarà questa città, quando saremo nell’Unione Europea? Riesci a immaginarlo…?”. Il rumore di fondo, il contrappunto a ogni cornicione, a ogni decoro ottocentesco, a ogni infilata di facciate composte e austere e intatte di Leopoli, è tutto qui. Lviv, capitale della regione occidentale dell’Ucraina, è un gioiello dove qualsiasi angolo e prospettiva dice della bellezza grandiosa della Mitteleuropa. È anche una città che è stata sotto il giogo sovietico per molti decenni, e ne porta le cicatrici. Ancora, per una delle coincidenze fortuite della grande storia, è un posto che per quasi centocinquant’anni ha fatto parte dello stesso dominio in cui si trovava la Valle d’Ampezzo. Dal 1772 al 1918 era tecnicamente possibile viaggiare tra i due luoghi – come fecero, tra gli altri, i soldati ampezzani al fronte di Galizia nella Prima guerra mondiale – senza attraversare un confine di Stato. Poi le strade si sono divise. Oggi su Leopoli cadono le bombe russe. Ma la memoria degli Asburgo si protende fastosa e imperturbabile per chilometri e chilometri dalla piazza del mercato, fin nei sobborghi verdeggianti di Sofiyivka, di Pidzamche, di Zaliznychnyi… Là, si intreccia con gli allarmi antiaereo, i rifugi, le notizie che arrivano dal fronte ucraino. Eppure, nella città resistente, dal sindaco ai soldati feriti, nelle voci degli scrittori, delle poetesse, degli artisti, nei begli occhi slavati dei giovani, vibra qualcosa di speciale. Andarci, varcare il confine, incontrare l’altro, per cercare qualcosa di sé: la casa, come ha scritto Viktoria Amelina (1986 – 2023), morta a luglio sotto le bombe di Putin. “Tirala fuori / in un posto sicuro / Quando sei pronto”. Un ritratto corale di un luogo, un racconto in parole e una narrazione che si fa viva attraverso le immagini.
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