“Ovunque vado / la costellazione del sangue / è il mio indirizzo”. Cominciata con l’indignazione e la rivolta per la sorte di Mahsa Amini, la giovane massacrata per avere rifiutato il velo imposto dal regime teocratico, la protesta delle donne (e degli uomini) dell’Iran dilaga. Nel segno di un nuovo, formidabile slogan: Donna, vita libertà. E centinaia di altri dissidenti seguono la triste sorte di Mahsa: picchiati nelle strade, torturati, uccisi. «Tagliarsi i capelli è un gesto di lutto e ribellione», dice Bita Malakuti, poetessa e scrittrice: «A mio parere, siamo testimoni di una cosa senza precedenti, una situazione unica e sorprendente: la rivolta delle donne, con la presenza coraggiosa di giovani ragazze. Se la rivolta è cominciata con le proteste contro l’uccisione di Mehsa Amini, una ragazza curda di 22 anni, da parte della pattuglia di Irshad, ed è proseguita con le proteste contro la mancanza del diritto di vestirsi liberamente, molto presto, praticamente fin dall’inizio, ha iniziato a muoversi per chiedere il rovesciamento del regime». Da oltre trent’anni scrittrici e scrittori, registi e artisti dell’Iran raccontano l’aspirazione alla libertà di un paese dal passato sterminato e dalla cultura ricchissima. E ora? In che modo la letteratura può contribuire a una grande causa?
Bita Malakuti è nata nel 1973 a Tehran, Iran. Ha studiato alla Azad Art University di Tehran. Dall’età di 25 anni le sue poesie e i suoi racconti sono stati pubblicati in varie riviste. Ha pubblicato sette libri, tra cui tre raccolte di racconti, due libri di poesie, un romanzo e un libro sulla vita dell’attrice iraniana Soosan Taslimi. Una sua poesia, Questa valigia, è apparsa recentemente su “Internazionale”. Ha lasciato l’Iran per gli Stati Uniti nel 2006.Dopo un periodo a Praga nella Repubblica Ceca, ora vive e lavora negli Stati Uniti.
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