La prima Repubblica è stata vittima a lungo di un diffuso giudizio negativo. Eppure, grazie all’azione della sua classe politica un paese distrutto, diviso politicamente e culturalmente, povero, e caratterizzato da profonde diseguaglianze, conobbe in pochi anni nel dopoguerra un forte sviluppo dell’economia e del reddito pro capite, una maggiore giustizia sociale, e un ampio riconoscimento di nuovi diritti civili, compiendo un deciso passo avanti verso una società e un sistema politico più aperti e democratici. Stefano Passigli, nel ricostruire gli eventi della prima Repubblica, comincia spostandone la cornice temporale: essa non finì, come generalmente si conviene, tra il 1992 e il 1994, a causa dell’azione della magistratura, ma alla fine degli anni Settanta, con il venir meno del disegno di Moro e Berlinguer di superare la democrazia bloccata e di aprire a possibili alternanze di governo. In tempi di populismo una riflessione sulla Prima repubblica può rivelarsi un potente antidoto alle pulsioni anti-sistema e al rifiuto della competenza: tendenze che possono sfociare in una seria minaccia alla democrazia, che è solida quando i cittadini sono animati da un senso di efficacia della propria azione e di fiducia nel ruolo delle élite, partecipando attivamente alla loro selezione.